Sei vittima di una malattia prolungata che ti sta costringendo a casa da mesi? Hai il timore di superare il periodo di conservazione del posto di lavoro e di essere, quindi, licenziato? I tuoi timori sono più che fondati. Infatti, come vedremo, il lavoratore in malattia non può essere licenziato ma questa tutela non dura in eterno. Trascorso un certo periodo, se il dipendente continua ad essere assente per malattia, il datore di lavoro può licenziarlo. In questo caso, però, alcuni contratti collettivi prevedono un ulteriore periodo di assenza protetta, detto aspettativa. Come chiedere aspettativa per malattia?
Ogni lavoratore deve essere ben consapevole di quali sono i termini entro i quali è tutelato contro il licenziamento in modo da attivarsi tempestivamente per chiedere di fruire della aspettativa per malattia. Questa possibilità, inoltre, non è prevista in tutti i contratti collettivi di lavoro e se il proprio Ccnl non la prevede non sarà possibile richiederla.
Ogni lavoratore deve essere ben consapevole di quali sono i termini entro i quali è tutelato contro il licenziamento in modo da attivarsi tempestivamente per chiedere di fruire della aspettativa per malattia. Questa possibilità, inoltre, non è prevista in tutti i contratti collettivi di lavoro e se il proprio Ccnl non la prevede non sarà possibile richiederla.
Che cos’è la malattia del dipendente?
Quando firmi un contratto di lavoro ti impegni a recarti al lavoro tutti i giorni previsti nel contratto di lavoro e nel pieno rispetto degli orari di lavoro indicati nel contratto stesso.
Almeno teoricamente, se ritardi di due ore l’ingresso al lavoro senza una valida giustificazione, il datore di lavoro può sottrarti dalla busta paga due ore di stipendio.
Ciò in quanto esiste un nesso molto stretto tra lavoro e retribuzione: il datore di lavoro ti paga per svolgere correttamente il tuo lavoro per tutto il tempo previsto nel contratto di lavoro. Non andare al lavoro significa, dunque, non ricevere lo stipendio per il periodo di assenza.
A questa regola, però, sono stati apportati dei correttivi. In certe occasioni, infatti, il dipendente si assenta dal lavoro per un motivo valido e degno di rispetto.
Può accadere, ad esempio, che il dipendente si infortuna sul lavoro e non può dunque materialmente svolgere la sua prestazione di lavoro.
Almeno teoricamente, se ritardi di due ore l’ingresso al lavoro senza una valida giustificazione, il datore di lavoro può sottrarti dalla busta paga due ore di stipendio.
Ciò in quanto esiste un nesso molto stretto tra lavoro e retribuzione: il datore di lavoro ti paga per svolgere correttamente il tuo lavoro per tutto il tempo previsto nel contratto di lavoro. Non andare al lavoro significa, dunque, non ricevere lo stipendio per il periodo di assenza.
A questa regola, però, sono stati apportati dei correttivi. In certe occasioni, infatti, il dipendente si assenta dal lavoro per un motivo valido e degno di rispetto.
Può accadere, ad esempio, che il dipendente si infortuna sul lavoro e non può dunque materialmente svolgere la sua prestazione di lavoro.
Cosa succede, invece, se non ti senti bene in salute? Puoi assentarti legittimamente dal lavoro?
Il diritto alla salute è uno dei pilastri della nostra Carta Costituzionale. Ne deriva che se non stai bene puoi stare a casa e non andare al lavoro. Per non avere problemi, però, devi seguire una procedura molto semplice ma fondamentale.
Si definisce malattia del dipendente una alterazione dello stato psico-fisico del lavoratore che non consente il regolare svolgimento della prestazione di lavoro.
La malattia, però, per dare diritto a starsene a casa, deve essere debitamente certificata dal medico curante del lavoratore. Non puoi dunque stare a casa perché ti senti male e basta. Puoi stare a casa se il tuo medico, dopo averti visitato, certifica, con il certificato medico di malattia, che la tua condizione di salute non ti permette di lavorare per un certo numero di giorni, indicati nel certificato, che vengono definiti prognosi.
Quindi, se ti senti male e vuoi stare a casa alcuni giorni devi subito avvertire il datore di lavoro che stai male e sarai assente e che farai pervenire quanto prima il certificato. Devi, quindi, recarti subito dal medico curante e farti rilasciare il certificato medico di malattia che, con l’attuale normativa, viene compilato dal medico in modalità telematica ed arriva dunque in automatico al datore di lavoro. In ogni caso, è importante ricordare che:
- devi verificare che i dati inseriti nel certificato medico di malattia siano corretti;
- in particolare, verifica che il domicilio inserito sia quello in cui realmente trascorrerai il periodo di malattia. Infatti, è lì che verranno inviate eventuali visite fiscali da parte dell’Inps;
- prendi nota del codice del certificato (cosiddetto Puc) e comunicalo senza indugio al tuo datore di lavoro.
Se sei in malattia puoi essere licenziato?
Chiarito in cosa consiste la malattia del dipendente e cosa deve fare il lavoratore quando si ammala, ci si può legittimamente chiedere se, durante l’assenza per malattia, il datore di lavoro può licenziare il dipendente.
Nel nostro ordinamento, questa possibilità è tendenzialmente esclusa in quanto la legge prevede un espresso divieto di licenziamento del dipendente in malattia per un periodo di tempo massimo, detto periodo di comporto, la cui durata è determinata dai contratti collettivi di lavoro.
Se ti ammali e devi assentarti dal lavoro per un periodo di tempo prolungato devi, dunque, controllare cosa prevede il Ccnl applicato al tuo rapporto di lavoro in materia di periodo di comporto e di diritto del dipendente malato alla conservazione del posto di lavoro. Non esiste una durata standard del periodo di comporto. Possiamo, però, affermare che in molti Ccnl la durata del periodo di comporto è pari a 180 giorni.
In tal caso, se sei assente per malattia per 181 giorni, allo scattare del 181esimo giorno, il datore di lavoro potrebbe licenziarti per superamento del periodo di comporto.
Occorre, inoltre, prestare attenzione anche alla tipologia di comporto utilizzato nel Ccnl. Si distingue, infatti, il comporto secco ed il comporto per sommatoria.
Nel caso di comporto secco, ai fini del calcolo del periodo di comporto si tiene conto solo dei giorni di assenza relativi all’evento morboso in corso.
Per tornare all’esempio del comporto di 180 giorni, se si tratta di un comporto secco e sei assente per 170 giorni e poi ti ammali di nuovo il contatore del comporto si azzera ad ogni evento morboso.
Nel caso di comporto per sommatoria, invece, ai fini del calcolo del periodo di comporto si tiene conto non solo dei giorni di assenza relativi all’evento morboso in corso ma di tutte le giornate di assenza per malattia cumulate in un certo lasso di tempo che, di solito, corrisponde ad un triennio.
In questi casi, dunque, il dipendente deve tenere traccia di tutte le assenze per malattia che accumula in quanto il contatore del comporto non si azzera ad ogni evento morboso ma le assenza si cumulano.
Inoltre, alcuni contratti collettivi prevedono termini di comporto diversi a seconda che si tratti di una unica malattia lunga o di una serie di eventi morbosi di minore rilievo.
Facciamo l’esempio del Ccnl metalmeccanico. Questo contratto collettivo prevede innanzitutto un periodo di comporto “breve” delle seguenti durate:
In questi casi, visto che si intravede una maggiore esigenza di tutela del dipendente, evidentemente colpito da malattie serie e durature, il periodo di comporto “prolungato” dura di più e, in particolare, ha le seguenti durate:
Ricordiamo che, in linea generale, ci sono comunque dei casi in cui il dipendente può essere licenziato anche se è assente per malattia e non sono decorsi i periodi di comporto previsti dalla contrattazione collettiva. Ciò accade in caso di:
Nel nostro ordinamento, questa possibilità è tendenzialmente esclusa in quanto la legge prevede un espresso divieto di licenziamento del dipendente in malattia per un periodo di tempo massimo, detto periodo di comporto, la cui durata è determinata dai contratti collettivi di lavoro.
Se ti ammali e devi assentarti dal lavoro per un periodo di tempo prolungato devi, dunque, controllare cosa prevede il Ccnl applicato al tuo rapporto di lavoro in materia di periodo di comporto e di diritto del dipendente malato alla conservazione del posto di lavoro. Non esiste una durata standard del periodo di comporto. Possiamo, però, affermare che in molti Ccnl la durata del periodo di comporto è pari a 180 giorni.
In tal caso, se sei assente per malattia per 181 giorni, allo scattare del 181esimo giorno, il datore di lavoro potrebbe licenziarti per superamento del periodo di comporto.
Occorre, inoltre, prestare attenzione anche alla tipologia di comporto utilizzato nel Ccnl. Si distingue, infatti, il comporto secco ed il comporto per sommatoria.
Nel caso di comporto secco, ai fini del calcolo del periodo di comporto si tiene conto solo dei giorni di assenza relativi all’evento morboso in corso.
Per tornare all’esempio del comporto di 180 giorni, se si tratta di un comporto secco e sei assente per 170 giorni e poi ti ammali di nuovo il contatore del comporto si azzera ad ogni evento morboso.
Nel caso di comporto per sommatoria, invece, ai fini del calcolo del periodo di comporto si tiene conto non solo dei giorni di assenza relativi all’evento morboso in corso ma di tutte le giornate di assenza per malattia cumulate in un certo lasso di tempo che, di solito, corrisponde ad un triennio.
In questi casi, dunque, il dipendente deve tenere traccia di tutte le assenze per malattia che accumula in quanto il contatore del comporto non si azzera ad ogni evento morboso ma le assenza si cumulano.
Inoltre, alcuni contratti collettivi prevedono termini di comporto diversi a seconda che si tratti di una unica malattia lunga o di una serie di eventi morbosi di minore rilievo.
Facciamo l’esempio del Ccnl metalmeccanico. Questo contratto collettivo prevede innanzitutto un periodo di comporto “breve” delle seguenti durate:
- 183 giorni di calendario fino a 3 anni di anzianità di servizio;
- 274 giorni di calendario oltre i 3 anni e fino a 6 anni di anzianità di servizio;
- 365 giorni di calendario oltre i 6 anni di anzianità di servizio.
- malattia continuativa con assenza ininterrotta o interrotta da un’unica ripresa del lavoro per un periodo non superiore a 61 giorni di calendario;
- 2 malattie comportanti, ciascuna, un’assenza continuativa pari o superiore a 91 giorni di calendario;
- alla scadenza del periodo di comporto breve è in corso una malattia con prognosi pari o superiore a 91 giorni di calendario;
In questi casi, visto che si intravede una maggiore esigenza di tutela del dipendente, evidentemente colpito da malattie serie e durature, il periodo di comporto “prolungato” dura di più e, in particolare, ha le seguenti durate:
- 274 giorni di calendario fino a 3 anni di anzianità di servizio;
- 411 giorni di calendario oltre i 3 anni e fino a 6 anni di anzianità di servizio;
- 548 giorni di calendario oltre i 6 anni di anzianità di servizio.
Ricordiamo che, in linea generale, ci sono comunque dei casi in cui il dipendente può essere licenziato anche se è assente per malattia e non sono decorsi i periodi di comporto previsti dalla contrattazione collettiva. Ciò accade in caso di:
- licenziamento per giusta causa, ossia determinato da un gravissimo inadempimento del dipendente che non consente la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto di lavoro;
- cessazione totale dell’attività aziendale e conseguente impossibilità oggettiva di continuare ad impiegare il lavoratore.
Aspettativa per malattia: cos’è?
Per evitare che la spada di Damocle della scadenza del periodo di comporto induca i dipendenti a rientrare al lavoro anche se non sono effettivamente guariti e, dunque, a danneggiare la propria salute, alcuni Ccnl hanno introdotto la cosiddetta aspettativa per malattia.
Si tratta della possibilità offerta al dipendente in malattia di richiedere, quando si è vicini allo spirare del periodo di comporto, un periodo di assenza dal lavoro non retribuito nel quale il rapporto di lavoro è come se venisse sospeso: il dipendente non si reca al lavoro (presentando comunque i certificati medici) e l’azienda non eroga la retribuzione.
Il Ccnl Metalmeccanico, ad esempio, prevede la possibilità, tramite richiesta scritta del dipendente, di poter fruire di un periodo di aspettativa non retribuita continuativa (non frazionabile) per un massimo di 24 mesi. In questo periodo di tempo, il rapporto di lavoro è congelato e non decorre l’anzianità di servizio per nessun tipo di istituto.
In certi casi, il Ccnl metalmeccanico consente anche la fruizione dell’aspettativa per malattia frazionata. Ciò accade quando le assenze sono legate a patologie gravi che necessitano di terapie salvavita e che determinato una forte discontinuità nell’esecuzione della prestazione lavorativa, con ripetute assenze a singhiozzo.
Il Ccnl prevede, al superamento del periodo di comporto, la possibilità di fruire dell’aspettativa non retribuita, anche in maniera frazionata, per i singoli eventi terapeutici necessari.
Se al termine del periodo di aspettativa non retribuita il dipendente non riprende regolarmente a lavorare, il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento.
Per quanto riguarda la richiesta di aspettativa per malattia, a volte le aziende predispongono degli appositi modelli da compilare da parte del dipendente che vuole richiedere questo tipo di beneficio.
Se non vi sono modelli da seguire, è sufficiente inviare via mail o via posta una lettera all’amministrazione del personale con la quale si richiede l’aspettativa per malattia, indicando la norma di riferimento del Ccnl ed il periodo di fruizione richiesto.
Si tratta della possibilità offerta al dipendente in malattia di richiedere, quando si è vicini allo spirare del periodo di comporto, un periodo di assenza dal lavoro non retribuito nel quale il rapporto di lavoro è come se venisse sospeso: il dipendente non si reca al lavoro (presentando comunque i certificati medici) e l’azienda non eroga la retribuzione.
Il Ccnl Metalmeccanico, ad esempio, prevede la possibilità, tramite richiesta scritta del dipendente, di poter fruire di un periodo di aspettativa non retribuita continuativa (non frazionabile) per un massimo di 24 mesi. In questo periodo di tempo, il rapporto di lavoro è congelato e non decorre l’anzianità di servizio per nessun tipo di istituto.
In certi casi, il Ccnl metalmeccanico consente anche la fruizione dell’aspettativa per malattia frazionata. Ciò accade quando le assenze sono legate a patologie gravi che necessitano di terapie salvavita e che determinato una forte discontinuità nell’esecuzione della prestazione lavorativa, con ripetute assenze a singhiozzo.
Il Ccnl prevede, al superamento del periodo di comporto, la possibilità di fruire dell’aspettativa non retribuita, anche in maniera frazionata, per i singoli eventi terapeutici necessari.
Se al termine del periodo di aspettativa non retribuita il dipendente non riprende regolarmente a lavorare, il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento.
Per quanto riguarda la richiesta di aspettativa per malattia, a volte le aziende predispongono degli appositi modelli da compilare da parte del dipendente che vuole richiedere questo tipo di beneficio.
Se non vi sono modelli da seguire, è sufficiente inviare via mail o via posta una lettera all’amministrazione del personale con la quale si richiede l’aspettativa per malattia, indicando la norma di riferimento del Ccnl ed il periodo di fruizione richiesto.
FONTE: LALEGGEPERTUTTI.IT