La Corte di Cassazione con sentenza del 21 dicembre 2017 n. 30712 è tornata sul tema della natura del Fondo di Garanzia istituito presso l’INPS e sulle modalità di pagamento, in caso di insolvenza del datore, delle ultime tre mensilità di retribuzione, esprimendosi, in particolare, sulla decorrenza del termine di prescrizione annuale.
Va premesso che il Fondo costituisce una misura prevista dal legislatore italiano, in attuazione della direttiva 987/80 del 20/10/1980, per garantire ai lavoratori subordinati una tutela minima in caso di insolvenza da parte del datore di lavoro. A tale fine la L. n. 297/82, nell’istituire il Fondo ha previsto che quest’ultimo operi per assicurare il pagamento del TFR.
Di seguito con D.lgs. n. 80/92 tale garanzia è stata estesa, secondo i termini e nei limiti previsti dagli artt. 2 e 3 anche alle ultime tre retribuzioni maturate dal dipendente e non pagate dal datore di lavoro.
Il Fondo è alimentato con un contributo a carico dei soli datori di lavoro e calcolato in misura percentuale sulla retribuzione imponibile. L’accesso al Fondo è riservato ai soli lavoratori dipendenti, compresi gli apprendisti, dei datori di lavoro tenuti al versamento del predetto contributo. Le prestazioni del Fondo sono state estese ai soci delle cooperative di lavoro.
L’intervento del Fondo di Garanzia
Presupposto essenziale per l’accesso al Fondo è l’insolvenza del datore di lavoro e l’accertamento del credito del lavoratore.
L’insolvenza può essere constatata a seguito di apertura di procedura concorsuale o diversamente anche con esecuzione mobiliare o immobiliare infruttuosa. Le procedure concorsuali che danno titolo all’intervento del Fondo sono: fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria. L’accertamento del credito in simili ipotesi avviene con l’ammissione della posta allo stato passivo.
Il Fondo, come sopra accennato, interviene anche laddove il datore non sia assoggettato alle procedure di cui sopra, ma in tale caso occorre che, ai sensi dell’art. 2 comma 5 della L. n. 297 cit., il lavoratore titolare del credito retributivo insoluto abbia esperito, con esito negativo, la procedura di esecuzione forzata mobiliare o immobiliare.
In altre parole, affinché il Fondo intervenga è necessario che il lavoratore dia dimostrazione all’INPS dell’insufficienza delle garanzie patrimoniali predisposte a tutela del credito. Tale requisito, in particolare, si realizza quando il lavoratore provi di aver tentato di realizzare il proprio credito in modo serio e adeguato mediante azione esecutiva, ricercando, con la normale diligenza, i beni nei luoghi ricollegabili ai soggetti tenuti a corrispondere le pretese retributive e/o il TFR (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 05/09/2016, n. 17593; per la giurisprudenza di merito cfr. Trib. Firenze Sez. lavoro, 25/07/2017).
A tale fine non basta l’esistenza di una mera parvenza di esecuzione, quale deve considerarsi l’inutile esperimento di un tentativo di pignoramento mobiliare presso il debitore, essendo piuttosto necessario, coerentemente con il disposto di cui all’art. 2740 c.c. e con l’assunzione in via sussidiaria delle obbligazioni da parte del Fondo di Garanzia, che il lavoratore effettui idonee ricerche sul debitore medesimo in ordine alla eventuale titolarità, in capo a costui, di crediti verso terzi o di beni e diritti immobiliari, seguite, se positive, da esecuzione forzata ai sensi, rispettivamente, dell’art. 543 c.p.c. e ss., e art. 555 c.p.c. e ss..
Natura sussidiaria del Fondo di Garanzia
Per corollario, non pare logicamente che il Fondo di Garanzia possa intervenire laddove il lavoratore rinunci preventivamente, anche mediante accordo sindacale, a tutto o parte delle garanzie patrimoniali sussistenti nel patrimonio del datore o di eventuali coobbligati solidali, con la speranza poi di attingere al Fondo di Garanzia.
Vero è che l’art. 2 della L. n. 297 cit. fa riferimento al datore di lavoro, ma è altrettanto vero che tale norma è risalente nel tempo e l’interpretazione della stessa non può arrestarsi al dato letterale. Invero, come più volte affermato anche dalla Corte costituzionale (Corte cost., sentenze n. 223 del 1991, n. 445 del 1995, n. 16 e n. 74 del 1996), la lettura dei testi normativi deve anche indagare - come prescrive l’art. 12 disp. prel. cod. civ. - l’intenzione del legislatore alla stregua dei criteri di interpretazione storica, evolutiva, logico-sistematica e teleologica (per siffatta impostazione recentemente cfr. Cass. Civ. SS.UU. n. 27093/2017).
In tale prospettiva si rileva che il Fondo di Garanzia costituisce attuazione di una forma di assicurazione sociale obbligatoria e il relativo intervento ha natura previdenziale e quindi opera in maniera sussidiaria. Orbene il principio di sussidiarietà è canonizzato nell’art. 118 c. 4 Cost. ed è teleologicamente connesso agli artt. 38 e 2 Cost., volti complessivamente a valorizzare i doveri di solidarietà, tesi questi ultimi a conseguire una responsabile realizzazione, da parte dall’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, dell’interesse generale.
L’assunzione in via sussidiaria delle obbligazioni da parte del Fondo di Garanzia è stata sottolineata da Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 05-09-2016, n. 17593 nella cui motivazione peraltro si utilizza l’impersonale locuzione “persona del debitore”, nel quale possono comprendersi anche i coobbligati solidali.
La domanda di intervento e i termini di prescrizione
Certo è che la domanda di intervento del Fondo deve essere presentata dal lavoratore o dai suoi eredi alla Sede dell’INPS nella cui competenza territoriale l’assicurato ha la propria residenza.
Il deposito deve essere tempestivo ed essere effettuato nei termini di prescrizione.
Qui entra in gioco il principio affermato dall’orientamento giurisprudenziale recentemente ribadito con sentenza della S.C. n. 30712/2017.
l termine di prescrizione per il TFR
Invero, considerato che la L. n. 297 cit. non ha previsto un particolare termine di prescrizione per conseguire, a carico del Fondo di Garanzia, la liquidazione del T.F.R., si deduce che tale termine corrisponda con quello quinquennale stabilito dall’art. 2948 comma 5 c.c..
Invece l’art. 2 comma 5 del D.lgs. n. 80 cit. ha previsto espressamente un termine annuale per l’esercizio del diritto alla liquidazione delle ultime tre mensilità.
La questione controversa attiene allora all’identificazione del dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale e alle modalità di interruzione dello stesso.
La decorrenza della prescrizione
Riguardo alla decorrenza della prescrizione la S.C. ribadisce che questa decorre, ai sensi dell’art. 2935 cod. civ., dal perfezionarsi della fattispecie attributiva del diritto:
- insolvenza del datore di lavoro;
- accertamento dell’ an e del quantum del credito.
L’accertamento del credito può avvenire in via giudiziale oppure amministrativa, in quest’ultimo caso si ritiene anche mediante l’adozione di provvedimenti ispettivi (es. diffida accertativa ex art. 12 D.lgs. n. 124 cit.).
Qualora sia stata aperta procedura fallimentare la formazione dello stato passivo determina l’accertamento del credito e quindi comporta il perfezionamento del diritto per l’accesso al Fondo, con decorrenza del relativo termine di prescrizione.
Occorre sottolineare anche che ove il datore di non sia assoggettabile alle procedure concorsuali, il perfezionamento del diritto per l’accesso al Fondo di Garanzia richiede un’ulteriore condizione: l’esperimento con esito negativo della procedura di esecuzione forzata.
Una volta completata la fattispecie attributiva del diritto, quest’ultimo deve essere esercitato nei predetti termini, pena l’estinzione dello stesso, a meno che nelle more non venga posto in essere un atto interruttivo della prescrizione.
L’interruzione della prescrizione tra prassi e giurisprudenza
La circolare INPS n. 74/2008, richiamando l’indirizzo espresso all’epoca dalla giurisprudenza di legittimità, ha affermato che il Fondo di Garanzia riveste la posizione di condebitore solidale del datore di lavoro, con la conseguenza che, per effetto dell’art. 1310 c.c., l’atto interruttivo della prescrizione posto in essere dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro dispiega effetti anche nei confronti del Fondo di Garanzia.
Negli ultimi anni però ha preso sempre più corpo e consistenza un orientamento pretorio diverso, che qualifica il Fondo di Garanzia come forma di assicurazione sociale obbligatoria e che, conseguentemente, riconosce natura previdenziale, e non retributiva, al diritto di conseguire le prestazioni del Fondo (cfr. Cass. civ. Sez. VI - Lavoro Ordinanza, 22/12/2016, n. 26819; Cass. civ. Sez. lavoro, 07/05/2015, n. 9210; Cass. civ. Sez. VI - Lavoro Ordinanza, 31/03/2015, n. 6480).
L’autonomia di tale diritto rispetto al credito di lavoro originato dall’ insolvenza del datore di lavoro non consentirebbe, secondo tale indirizzo, di richiamare la categoria delle obbligazioni solidali e, quindi, di applicare, ai fini dell’interruzione della prescrizione, l’art. 1310 c.c..
In tale evenienza, l’arresto del termine prescrizionale richiederebbe la presentazione di una specifica istanza, non al datore ma al Fondo di Garanzia.
Interruzione della prescrizione e accertamento ispettivo
La diversità degli orientamenti riveste importanza nell’ ipotesi in cui il lavoratore si sia rivolto all’ Ispettorato del lavoro per la tutela del proprio credito di lavoro.
Nel caso in cui il datore di lavoro non sia assoggettato a procedure concorsuali l’eventuale adozione di diffida accertativa e l’esperimento negativo di procedura di esecuzione forzata determinano la decorrenza dei termini di prescrizione (annuale e quinquennale).
Per quanto concerne però l’interruzione dei termini occorre distinguere.
Infatti secondo la circolare n. 74 cit. tale interruzione si realizzerebbe mediante la messa in mora del datore di lavoro. Di contrario avviso è l’indirizzo recentemente ribadito dalla S.C. per cui occorrerebbe un’intimazione rivolta al Fondo di Garanzia.
Ipotesi più delicata si riscontra in caso di apertura di una procedura concorsuale.
In tale caso si ritiene che l’accertamento del credito operato dal personale ispettivo e attestato in apposito verbale (che non è la diffida accertativa, la cui adozione infatti è preclusa dal rispetto della par condicio creditorum - cfr. Ministero del Lavoro nota del 20 marzo 2015 n. 4684) fa scattare la decorrenza dei termini di prescrizione. Si ritiene che tale decorrenza operi anche qualora lo stato passivo della procedura concorsuale non abbia ancora acquisito valenza esecutiva.
Per interrompere i termini occorre allora che il lavoratore proceda alla messa in mora del Fondo di Garanzia (secondo la S.C.) ovvero del datore (secondo la circolare n. 74 cit.) non appena sia in possesso delle risultanze ispettive.
A ogni modo, stante la vischiosità delle procedure e la diversità di orientamenti amministrativi e giurisprudenziali, è preferibile che il lavoratore, in via cautelativa, appena accerti l’insolvenza del datore, proceda a intimare il pagamento, con cadenze regolari, sia alla parte datoriale sia al Fondo di Garanzia.
Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’opinione degli autori e non impegnano l’amministrazione di appartenenza
Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale
Autore: Enrico Presilla e Andrea Seppoloni - Ispettorato Territoriale del Lavoro di Perugia
L'ispezione del Lavoro - casi pratici